domenica 26 luglio 2020

RECENSIONE: LA CASA DI TERRA E SANGUE. Crescent City - Sarah J. Maas



LA CASA DI TERRA E SANGUE. Crescent City

Sarah J. Maas




Editore: Mondadori
Pagine: 708
Prezzo: 19,90 €

Trama: ventitré anni, mezza Fae e mezza umana, Bryce Quinlan ha una vita perfetta: di giorno lavora in una galleria d'arte e di notte passa da una festa all'altra, senza problemi e senza preoccupazioni.
Quando però una brutale strage scuote profondamente Crescent City, la città in cui vive, e Bryce perde una persona a lei molto cara, il suo mondo crolla in mille pezzi lasciandola disperata, ferita e molto sola.
Adesso non cerca più il divertimento, ma un oblio in grado di farle dimenticare i terribili fatti che hanno cambiato la sua vita per sempre.
Due anni dopo l'imputato è finalmente dietro le sbarre ma i crimini ricominciano e Bryce è decisa a fare tutto il possibile per vendicare quelle morti.
Ad affiancarla nelle indagini arriva Hunt Athalar, un famoso angelo caduto, prigioniero degli arcangeli che lui stesso aveva tentato di detronizzare. Le sue grandi capacità e la sua forza incredibile sono utilizzate all'unico scopo di eliminare i nemici del suo capo.
Quando però si scatena il caos in città, Hunt riceve una proposta irrinunciabile: aiutare Bryce a trovare l'assassino e riconquistare, in cambio, la sua libertà.
Quando Bryce e Hunt cominciano a scavare in profondità nel ventre di Crescent City, scoprono un potere terrificante e oscuro che minaccia tutto e tutti, e vengono travolti da una passione irrefrenabile, che potrebbe renderli entrambi liberi, se solo lo volessero.
Il dolore della perdita, il prezzo della libertà e il potere dell'amore sono i temi principali de "La casa di terra e sangue", il primo romanzo di questa serie fantasy di Sarah J. Maas, che mescola romanticismo e suspense.



La mia opinione: miei cari lettori, mettetevi comodi e prendete qualcosa da bere e da mangiare perché oggi siamo qui per fare una lunga chiacchierata.

Chi di voi mi segue da tempo, sia su questo blog sia su altri canali, sa che ho sempre apprezzato i libri di Sarah J. Maas, vi basta leggere le mie recensioni ai suoi libri qui sul blog per capirlo; dall'uscita di Throne of Glass non mi sono mai persa un suo nuovo libro ed è sempre riuscita a catturare il mio interesse.

Perché tutto questo preambolo? Ebbene, è arrivato il giorno in cui mi ritrovo a malincuore a dover scrivere una recensione negativa su un suo libro e devo ammettere di essere molto amareggiata.

Erano un paio di anni che non avevamo l'occasione di leggere un nuovo libro della Maas e quando è stata annunciata questa nuova trilogia, Crescent City, tutti noi fan siamo andati in visibilio: "La Casa di Terra e Sangue" si presentava come un libro per adulti, ambientato nel futuro e ricco di creature soprannaturali, nel quale avremmo incontrato una nuova eroina e risolto il mistero di una serie di omicidi.

Le premesse erano buone, quindi cosa è andato storto? Quasi tutto per quanto mi riguarda.
Prima di spiegarvi nei dettagli, cercando di non fare spoiler, tutte le cose che non mi sono piaciute o che non mi hanno convinta, ci tengo a precisare una cosa: la lettura è molto soggettiva perciò se avete amato questo libro non risentitevi, anzi sono molto felice per voi.

Direi di partire dall'unico aspetto del libro che mi è piaciuto, ossia l'ambientazione.
Sebbene la Maas non abbia saputo gestire al meglio la distribuzione delle informazioni sul nuovo world-building, tant'è che nelle prime cento pagine si rischia di farsi venire un mal di testa nel tentativo di memorizzare tutti i dettagli, devo dire che la sua complessità mi ha molto colpita.
Tutti i riferimenti al passato di questo mondo popolato dalle più svariate creature, le storie di guerre, ribellioni e anche la coesistenza di diverse "dimensioni" mi sono piaciute un sacco, si vede che è stato tutto ben pensato e strutturato. Certo, poteva essere meglio gestita la "distribuzione" delle informazioni, ma tutto sommato il world-building è approvato.

Come vi ho menzionato prima, questa nuova trilogia è pensata per un pubblico adulto e per questo mi sarei aspettata di veder affrontare nel corso della lettura dei temi pensati maggiormente per dei lettori non più adolescenti.
Ho sempre pensato che il target del libro dipendesse proprio da questo, ma sembra che la Maas la pensi diversamente: a quanto pare scrivere un libro per adulti significa utilizzare un linguaggio volgare, infarcire le pagine di "fuck" e "fucking", inserire qualche scena più spinta e stop. Vi assicuro che se aveste mangiato un dolce ogni volta che vi foste ritrovati a leggere una di queste due parole, vi sareste sentiti male nel giro di poco tempo.

E pensare che l'occasione per trattare temi più da adulti c'era: all'inizio del libro vediamo i personaggi fare abuso di alcool e droga, perché non sviluppare quindi il tema della dipendenza? Oppure, perché non trattare in maniera più approfondita il tema del lutto e del modo di affrontarlo, con tutte le sue difficoltà?

La cosa incredibile è che la protagonista, Bryce, proprio in seguito a un lutto decide di punto in bianco di smettere di bere e assumere sostanze stupefacenti. Sapete cosa c'è che non è affatto realistico? Il fatto che lei lo faccia e non abbia nessun problema legato all'astinenza e questo è impossibile visto l'abitualità con cui assumeva queste sostanze!
In poche parola, una grande occasione sprecata.

Vi parlavo prima del linguaggio utilizzato in questo libro, del fatto che in ogni pagina troviamo almeno un "fuck" o "fucking"; ebbene, a questo avrei da aggiungere anche altro.
Possibile che l'editor di questo libro non abbia fatto notare alla Maas la necessità di consultare un buon vocabolario dei sinonimi?

Vi assicuro, i termini utilizzati sono sempre gli stessi e si ripetono per tutte e 800 le pagine. Un esempio? Ogni qual volta la Maas deve descrivere un elemento legato all'aspetto dei personaggi maschili l'unico termine utilizzato è "powerful". Le braccia? Powerful. Le gambe? Powerful. La schiena? Powerful.

Per non parlare poi dell'ossessione per il sedere e la biancheria intima della protagonista. Ho perso il conto di tutte le volte in cui l'autrice ci fa notare quanto sia fantastico il sedere di Bryce oppure ci informa di quale colore sia la sua biancheria intima e di come le stia bene. Mi chiedo quanti squat al giorno faccia Bryce, magari ci provo anche io.

Il dubbio a questo punto è lecito: questo libro è mai finito nelle mani di un editor? Ho dei fortissimi dubbi al riguardo anche per un altro motivo: la presenza di pagine e pagine, dialoghi, descrizioni (vedi sopra) totalmente inutili.

Delle 800 pagine di questo libro una buona parte andava tagliata, questo avrebbe permesso di risolvere un altro grosso problema, la lentezza. Per circa 600 pagine non succede quasi nulla, una noia totale che più volte mi ha fatto desiderare di abbandonare la lettura, poi nelle ultime 200 pagine accade letteralmente di tutto.
Se su 800 pagine solo 200 sono interessanti allora c'è un problema grosso; le prime 600 potevano essere ridotte a 200/300 pagine? Assolutamente sì e questo avrebbe senz'altro contribuito a migliorare la situazione.

La mia sensazione è che questo libro non fosse ancora pronto per essere pubblicato, aveva bisogno di passare nelle mani di un editor almeno un paio di volte, perché sia stato pubblicato ugualmente resta un mistero.

E i personaggi, direte voi? Almeno quelli mi sono piaciuti? Be', tranne che per qualche eccezione, la mia risposta è no.
Francamente i personaggi di questa serie sembrano essere la versione mixata o riciclata dei personaggi di ToG e Acotar: Bryce emana delle vibes alla Aelin non indifferenti, Hunt mi è sembrato un mix tra Chaol e Rowan in Heir of Fire, Ruhn (uno dei personaggi che ho apprezzato) l'ho trovato molto simile a Rhysand, soprattutto se pensiamo ai suoi poteri e abilità che sono davvero molto, troppo simili.

Altro appunto: possibile che ogni personaggio sia bellissimo, perfetto, con un corpo mozzafiato? Okay, è un fantasy ma questo non significa che i personaggi non possano avere dei difetti fisici, solo la protagonista per buona parte del libro ha una cicatrice, che però poi si rivela essere funzionale alla trama.
Dopo un po' tutta quest'abbondanza di personaggi che rappresentano standard di bellezza irrealistici stufa, sarebbe bello vedere un po' di diversità, magari rappresentando anche le disabilità fisiche, tanto per fare un esempio.

Anche le interazioni tra i personaggi seguono schemi già visti negli altri libri della Maas e questo, unito ad una caratterizzazione carente, ha fatto sì che io non mi affezionassi a nessuno di loro, per non parlare del fatto non mi è partita alcuna ship, cosa molto rara per me.

Quanto meno posso dire di aver apprezzato il fatto che tra i due protagonisti non ci sia stato amore a prima vista, anche se l'odio iniziale si è tramutato in affetto in maniera troppo repentina; vi dirò di più, nelle ultime 100 pagine Bryce passa dall'odiare visceralmente Hunt (per qualcosa che non sto qui a spoilerarvi) all'ammettere a se stessa che lo ama, tanto da volersi sacrificare per lui, e credetemi se vi dico che ho riletto più volte quelle pagine per cercare di capire cosa mi fossi persa.

Gli unici personaggi che mi sono piaciuti sono Ruhn, Hypaxia e Aidas, su di loro vorrei saperne di più ma non sono certa di essere disposta a leggere un altro libro come questo per vedere come prosegue la loro storia.

In conclusione, questo libro aveva un grande potenziale, ha un world-building molto interessante e la presenza di una miriade di creature soprannaturali è una caratteristica che ho apprezzato, ma tra personaggi che sono la copia di quelli già conosciuti, rapporti e interazioni banali e una scrittura carente da molti punti di vista, "La Casa di Terra e di Sangue" si è rivelato una vera e propria delusione e nemmeno le ultime 200 pagine sono riuscite a salvarlo.


Il mio voto:




mercoledì 15 luglio 2020

RECENSIONE: L'ULTIMO RE- Bernard Cornwell

 

L'ULTIMO RE

Bernard Cornwell


Editore: TEA
Pagine: 406
Prezzo: 9,00 €

Trama: Terra degli Angli, 866: una terra divisa in piccoli territori guidati da sovrani barbarici. Uomini feroci, vichinghi, guerrieri del Nord arrivano per razziare, uccidere, conquistare. Il giovane Uhtred, erede al titolo di aldermanno di Bebbanburg, dopo la morte del padre viene adottato dal re normanno Ragnar: in pochi anni impara a battersi con coraggio e ad andare per mare, e diventa per Ragnar come un figlio. Ma l'intrigo, la passione e infine il tradimento riportano Uhtred dal suo vecchio precettore, che lo presenta all'unico sovrano in grado di opporsi agli uomini del Nord: Alfredo, che un giorno verrà chiamato il Grande. Ma per riconquistare il suo titolo, Uhtred dovrà affrontare il nemico in campo aperto.


La mia opinione: amanti dei romanzi storici, a me! Sono sicurissima che la maggior parte di voi conoscerà Bernard Cornwell, tuttavia raramente sento parlare in giro della sua saga "Le Storie dei Re Sassoni", da cui è stata tratta la serie tv The Last Kingdom.
In realtà nemmeno di questa sento parlare molto in Italia, perciò se amate le serie storiche vi consiglio caldamente di iniziare a guardarla.
Ma siamo qui per parlare del primo romanzo della saga, quindi direi di non indugiare oltre.

Siamo nell'866, in quella che non è ancora l'Inghilterra unita, e la nostra storia segue le vicende di Uthred di Bebbanburg, un personaggio che non potrete non amare: in seguito all'attacco da parte dei danesi e all'uccisione di suo padre, il piccolo Uthred viene accolto e adottato dal guerriero Ragnar il quale ha intravisto in lui qualcosa di speciale, uno spirito indomito e un'intelligenza che gli fanno da subito provare simpatia per quel ragazzetto insolente e sfrontato.
Da quel momento in poi Uthred crescerà come un vero danese, farà sua una cultura che gli si addice decisamente meglio di quella cristiana: il culto degli antichi dei, i rituali pagani esercitano su Uthred un fascino che anche il lettore avverte e dei quale si subisce inevitabilmente l'influenza.

Il nostro protagonista, alla ricerca della vendetta e desideroso di riconquistare Bebbanburg, incrocerà sul proprio cammino le strade di tanti personaggi carismatici: i fratelli Lothbrokson (esatto, Ivar il senz'ossa, Ubba e compagnia), per citarne alcuni, e soprattutto Alfred, che sarà poi conosciuto come il Grande.

C'è una frase ricorrente in questo libro, e in tutte le vicende legate a Uthred: il fato governa ogni cosa. Si tratta di un concetto che trovo estremamente affascinante, quest'idea che le nostre vite, il nostro scopo siano già stati decisi; possiamo compiere delle scelte e queste determineranno le deviazione che prenderemo, le persone che incontreremo sul nostro cammino, ma il nostro destino è già deciso.
Uthred crede fermamente in questo e ammetto che più leggevo la sua storia, o meglio l'inizio della sua storia, e più mi convincevo che avesse ragione lui.

Ecco, Bernard Cornwell ha questa dote, riesce ad incantarti con le sue parole, con le sue storie e mi sono ritrovata più volte nel corso della lettura a riflettere su quanto sia uno scrittore dotato di un talento incredibile, abile nel fondere realtà e finzione, personaggi reali e fittizi.

Raramente uno scrittore riesce ad aver uno stile di scrittura degno di nota e a creare dei personaggi incredibili allo stesso tempo, ma lui lo fa e la cosa mi ha lasciata totalmente a bocca aperta.

La sua scrittura è meravigliosa, soprattutto nelle descrizioni delle battaglie si ha spesso la sensazione di star leggendo un poema epico; Cornwell usa le parole con una tale eleganza che riesce a rendere interessanti i duelli, gli scontri ed è una delle cose più difficili da fare.

I suoi personaggi sono un altro punto di forza, li si ama e li si odia, a volte contemporaneamente, ma è impossibile restare loro indifferenti.

Uthred è un protagonista carismatico, insolente, irriverente, sfrontato, ambizioso e leale: ci sono momenti in cui vorresti prenderlo a schiaffi, altri in cui non puoi che ammirare la sua intelligenza, la sua prontezza e perspicacia e resti lì, fissando la pagina e pensando a tutte le grandi cose che potrà fare nella vita con quelle doti.
Ovviamente non posso non menzionare Alfred. Così come nella serie tv, per Alfred provo un misto di amore e odio: amore perché la sua determinazione nel portare a termine il proprio compito, unire tutti i regni dell'Inghilterra, è encomiabile, il suo personaggio trasuda carisma da tutti i pori; odio perché, pur di ottenere ciò che vuole, è disposto a manipolare gli altri e riesce a farlo con molta abilità, su questo non ci sono dubbi.
Ho apprezzato tanto il fatto che nel libro ci sia la possibilità di approfondire il personaggio di Ragnar, che per Uthred è una seconda figura paterna: per ovvie ragioni nella serie tv lo abbiamo visto pochissimo, ma in questo volume possiamo conoscerlo, apprezzare il suo rapporto con Uthred e l'influenza che ha sul percorso di crescita di quest'ultimo.
Infine, no non ho dimenticato Brida. Ragazzi io non me la ricordavo così psicopatica, ma la sua caratterizzazione mi è piaciuta tanto, così come la sua relazione con Uthred.

Che dire? Un storia che, seppur ai suoi albori, è già indimenticabile: personaggi dei quali è impossibile stufarsi e una scrittura eccellente. Se amate i romanzi storici recuperate immediatamente "L'ultimo Re" e vedrete che passerete il resto dell'estate incollati alle pagine della saga de "Le storie dei re sassoni".
Personalmente non vedo l'ora di continuare a leggere delle avventure di Uthred di Bebbanburg!




Il mio voto: 



sabato 11 luglio 2020

RECENSIONE: ECHI IN TEMPESTA - Christelle Dabos


ECHI IN TEMPESTA
Christelle Dabos

Editore: edizioni e/o
Pagine: 576
Prezzo: 16,50 €

Trama: Ofelia e Thorn affrontano un universo colmo di allegorie e di realtà interiori profonde, di orizzonti antichi e di sentimenti nuovi, fino a scovare la verità che da sempre è nascosta dietro lo specchio. Crollati gli ultimi muri della diffidenza, Ofelia e Thorn si amano ormai appassionatamente. Tuttavia non possono farlo alla luce del sole: la loro unione deve infatti rimanere nascosta perché possano continuare a indagare di concerto sull'indecifrabile codice di Dio e sulla misteriosa figura dell'Altro, l'essere di cui non si conosce l'aspetto, ma il cui potere devastante continua a far crollare interi pezzi di arche precipitando nel vuoto migliaia di innocenti. Come trovare l'Altro, senza sapere nemmeno com'è fatto? Più uniti che mai, ma impegnati su piste diverse, Ofelia e Thorn approderanno all'osservatorio delle Deviazioni, un istituto avvolto dal segreto più assoluto e gestito da una setta di scienziati mistici in cui, dietro la facciata di una filantropica clinica psichiatrica, si cela un laboratorio dove vengono condotti esperimenti disumani e terrificanti. E lì che si recheranno i due, lì scopriranno le verità che cercano e da lì proveranno a fermare i crolli e a riportare il mondo in equilibrio.


La mia opinione: eccoci giunti alla fine di un lungo viaggio durante il quale abbiamo visitato luoghi straordinari, vissuto avventure rocambolesche e conosciuto personaggi che avranno per sempre un posto speciale nel nostro cuore.

"Echi in Tempesta", l'ultimo volume della serie "L'Attraversaspecchi" di Christelle Dabos, ci conduce, attraverso un vortice di eventi, verso le risposte ad ogni nostra domanda: come impedire a Dio di distruggere il mondo? Chi è l'Altro? Cosa sta causando i crolli che stanno portando via porzioni sempre maggiori delle Arche? E soprattutto, qual è il ruolo di Ofelia in tutto questo?

L'unico modo per trovare le risposte è riuscire a scoprire dove si trova la Cornucopia e per fare questo Ofelia e Thorn dovranno ancora una volta celarsi dietro un fragile manto di bugie e false identità per indagare proprio in quello che sembra essere l'occhio del ciclone.

Se già nel libro precedente la Dabos aveva imposto un cambio di passo nella narrazione, in "Echi in Tempesta" gli eventi si fanno ancora più incalzanti, tramutandosi in una vera e propria corsa contro il tempo, un susseguirsi di misteri e investigazione che mi hanno tenuta incollata alla pagine.

In quest'ultimo volume non c'è nemmeno un istante di noia, la mente del lettore è in continuo movimento, alla ricerca della risoluzione degli enigmi che pongono ancora una volta Ofelia nei guai. Dico sul serio, bisogna avere un talento speciale per mettersi nei guai nel giro di meno di cento pagine e Ofelia è decisamente dotata di quel talento!

Personalmente ho amato con tutto il cuore la trama di questo libro, il fatto che ci abbia condotti ancora una volta alla scoperta di luoghi incredibili e ricchi di fascino, la sensazione di essere perennemente con il fiato sospeso; "Echi in Tempesta" è un libro che coinvolge il lettore, che lo trascina all'interno delle sue pagine.
Ci si sente un po' come Ofelia quando attraversa gli specchi e questa è una caratteristica che ho apprezzato e amato fin dal primo volume.

Tutti sanno che sono davvero pessima quando si tratta di risolvere dei misteri, però posso assicurarvi che le risposte che otterrete alla fine del libro lasceranno anche voi a bocca aperta!

Ovviamente non mi sono dimenticata dei personaggi, anzi trovo che siano uno dei punti di forza di tutta la serie. Lasciatemi dire una cosa: pochi scrittori sono in grado di creare, caratterizzare e far crescere i propri personaggi come Christelle Dabos.
Se ripenso a Ofelia e Thorn, a com'erano in "Fidanzanti dell'Inverno" e al loro percorso di crescita, a quanto siano cambiati e maturati insieme, allora non posso che alzarmi in piedi e fare un applauso all'autrice.
I progressi fatti da entrambi come singoli individui, il loro modo di porsi con il mondo, con quella sicurezza data dall'aver finalmente preso coscienza di sé, e soprattutto il modo di relazionarsi l'uno con l'altra sono una delle cose che ho maggiormente apprezzato in tutti e quattro i libri.
Molto spesso ci troviamo di fronte a personaggi piatti e statici, ma non è affatto questo il caso: sia Ofelia che Thorn sono ricchi di sfumature, di "zone grigie", e più li si conosce più acquisiscono profondità.
Trovo che in "Echi in Tempesta" siamo finalmente riusciti a vedere i veri Thorn e Ofelia, liberi finalmente delle loro paure, insicurezze e ossessioni.
Ovviamente non sono da meno anche tutti gli altri personaggi che in questo volume abbiamo visto forse un po' meno, ma in fondo è giusto così, quest'ultimo volume era tutto per i nostri due protagonisti, per permettere loro di giungere alla conclusione di un percorso intrapreso quattro libri prima.

E parlando di conclusione, vorrei dire che quel finale così dolce amaro mi ha lasciata interdetta: è una chiusura ma allo stesso tempo non lo è, ci lascia intendere quello che accadrà ma che non potremo leggere sulle pagine, permettendo ad ognuno di noi di dare un'interpretazione personale alle ultime pagine.
La mia prima reazione è stata di rifiuto, volevo a tutti i costi una chiusura definitiva, ma riflettendoci credo che questo sia il finale giusto, permette a tutti noi di continuare a far vivere i personaggi di questa storia incredibile nella nostra fantasia e va bene così.

Sono triste? Certo, i finali mettono sempre un po' di tristezza, ma allo stesso tempo sono molto felice perché mi rendo conto che ho potuto conoscere e apprezzare un'autrice dotata di un talento incredibile e che spero in futuro tornerà a regalarci storie coinvolgenti come questa.


Il mio voto: