martedì 23 aprile 2013

Recensione: Garden. Il giardino alla fine del mondo - Emma Romero


Garden. Il giardino alla fine del mondo

Emma Romero

Editore: Mondadori Chrysalide
Pagine: 276
Prezzo: 14,90 €
Trama: Maite è tra le operaie più efficienti nella fabbrica in cui lavora. In fondo non ha scelta: se commettesse un’infrazione sarebbe punita con la morte.
Maite coltiva in segreto la sua passione, il canto, e sogna di raggiungere il leggendario giardino alla fine del mondo, dove si narra vivano i ribelli in completa libertà e dove pare siano sopravvissute le lucciole. Perché il suo paese è diventato una prigione fredda e spoglia. Dopo una lunga guerra, l’Italia è stata divisa in Signorie e, per impedire il ritorno al caos, le arti e le scienze sono riservate a una casta di eletti, mentre gli esclusi sono condannati a una vita di obblighi e privazioni.
L’unica fonte di svago è la Cerimonia, la grande festa celebrata per l’anniversario della Rinascita. Maite ha sempre voluto esibirsi su quel palco, ma il giorno in cui potrà finalmente ottenere il suo riscatto scoprirà che, in un paese che ha ucciso ogni speranza, anche dai sogni si può desiderare di fuggire…



La mia opinione: sempre più spesso i nuovi young adult, definiti distopici, vengono spacciati per i nuovi "Hunger games", salvo poi scoprire che con il libro della Collins non hanno nulla in comune. Una strategia di marketing, certo, ma non troppo riuscita. Chiedete ai lettori qual è il primo libro che viene loro in mente quando dite "distopico", specificate anche il target, ovvero young adult: cari editori, sappiate che non è "Hunger games" la prima risposta e, a dire il vero, nemmeno la seconda o la terza.

Tutto questo per dire che ancora una volta le fascette sono fuorvianti e anche studiate non troppo bene.

La maggior parte di coloro i quali hanno deciso di leggere questo libro lo hanno fatto dopo essere stati incuriositi dalla trama: la storia sembrava promettere bene, chissà, forse "Garden" si sarebbe rivelato essere un bel libro. 

Tutte queste belle prospettive si sono infrante amaramente già dopo le prime pagine. Ciò che balza subito all'attenzione è lo stile usato dall'autrice, molto sintetico, caratterizzato da periodi brevi e dall'uso del tempo presente. Il paragone con "Hunger games" è inevitabile, credetemi, un po' perché l'editore ci ha fin da subito messo la pulce nell'orecchio, un po' perché è abbastanza palese che Emma Romero si sia rifatta allo stile  della collega statunitense, fatto sta che l'autrice italiana ne esce sconfitta. Quello di "Garden" sembra essere la brutta copia del ben più affermato libro già citato: là dove la Collins riesce con la sua scrittura a far immedesimare il lettore nella protagonista e in ciò che le sta accadendo, magnetizzando l'attenzione, la Romero risulta essere superficiale e approssimativa.

L'approssimazione è una delle caratteristiche di questo libro, tutto sembra essere una bozza, compresa la storia. Ci sono troppe cose che non vengono spiegate: perché le arti sono state proibite, qual è la struttura della società? Questi sono solo due dei tanti quesiti che nel corso della lettura mi hanno tormentata.

Vengono fornite delle spiegazioni riguardo la storia del nuovo paese, per cercare di spiegare al lettori i motivi per i quali si è arrivati all'attuale situazione politico-amministrativa della penisola, tuttavia anche questa è troppo approssimativa, non vi è approfondimento, sembra essere stata messa lì solo perché l'autrice doveva farlo.
Quello che si può fare è supporre, tutto qui.

I personaggi sono freddi, piatti, mancano di introspezione e, spesso, di coerenza. Stessa cosa dicasi per i rapporti tra di loro. 
La stessa protagonista, Maite, mi ha non poco lasciata perplessa: tutto quello che vuole è poter cantare, tuttavia quando ne ha l'opportunità non vuole più farlo perché si sente obbligata. Il suo dilemma tra il cantare sul palco e fuggire con i suoi amici occupa almeno una decina di pagine, esasperando il lettore.

Solo il finale, e con questo intendo le ultime righe, è apprezzabile poiché apre le porte a nuovi scenari e interrogativi. 

Al termine della lettura questo mi è parso un libro senza senso, più una bozza che una versione definitiva per la stampa e gli scaffali.
Infine,  devo affermare con amarezza che anche il lavoro di editing pare quasi nullo, ho notato così tante cose che sarebbero dovute essere messe a posto che ho finito per perdere il conto.

Un libro con del potenziale non sfruttato.
Una grande delusione.


Il mio voto:











10 commenti:

  1. Peccato davvero.. mi ispira tanto questo libro! :( La tua recensione però, mi ha incuriosito ancora di più: devo assolutamente leggerlo, cosi posso avere un'idea mia sul romanzo! :D
    A presto!

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    1. Sarò molto felice di avere la tua opinione post lettura! ;)

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  2. Una recensione davvero esaustiva ed onesta: ben fatto :)
    Il libro è tra le mie prossime letture e sono curioso di farti sapere la mia impressione a breve. A me HG non è piaciuto proprio per lo stile della Collins, quindi sono spaventato e curioso di conoscere quello della Romero. Chi sa... :)

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    1. L'onestà prima di tutto, ne andrebbe del rispetto che nutro verso i lettori. ^^
      Allora poi vieni pure a riferirmi l'esito della lettura, sarò ben felice di parlarne e confrontarmi con te! ;D

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  3. Premio Unia per te :)
    http://ilportalesegreto.blogspot.it/2013/04/premio-unia.html

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  4. Non sono d'accordo. Secondo me quello che viene visto nella recensione come un limite, lo vedo invece come un punto di forza. La scrittura è, secondo il mio modesto parere, di ottima fattura, e visto il genere e il target, è inserita in un contesto snello, scorrevole e tra l'altro denso di colpi di scena. Il modello "hunger games" non poteva farci presupporre la presenza di enormi ed esaustivi "spiegoni", pesanti e soprattutto troppo "rivelatori", di trame e luoghi che molto probabilmente verranno gradualmente svelati nel corso dei prossimi capitoli;anche in romanzi che sono stati veri e propri mostri sacri di genere, delle vere e proprie enciclopedie (Dune o Lords of Rings per fare due nomi di portata enorme), non sono rivelati tutti i segreti di nomi e luoghi e la pretesa di Emma Romero, non pare scrivere Dune o Lords of Rings, ma un distopico per un target giovanile, di fruizione veloce ma non di scarsa qualità o di modesta fattura, strizzando l'occhio anche a un pubblico adulto. Tra l'altro in questa autrice ho notato, e apprezzato, la notevole capacità di "regia" delle scene, descritte in modo da rendere al meglio la parte visiva delle stesse, un occhio quasi cinematografico. L'ho letto tutto d'un fiato e spero che possano arrivare sugli scaffali anche gli episodi successivi, la curiosità sui tanti misteri di cui è disseminata la trama (la destinazione di chi scompare, la zona desertica o il Giardino)è tanta, ma mi stimola a letture successive e non a cassare il libro.

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    1. Come ho spiegato già nella recensione, lo stile di quest'autrice non mi è proprio piaciuto, mi dispiace, sarà forse di fruizione veloce ma tutta questa qualità non l'ho riscontrata.
      Per quanto riguarda la mancanza di "esaustivi spiegoni", devo ancora una volta dissentire: siamo ben lontani da quel mostro sacro di J.R.R. Tolkien, che comunque aveva concepito la sua opera più famosa, ovvero "Il signore degli anelli", come un unico libro che fu poi suddiviso in tre su richiesta dell'editore.
      "Garden", per stessa ammissione dell'autrice, nasce come un libro autoconclusivo e da un libro che si reputa tale non posso assolutamente accettare così tanti buchi neri!

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  5. L'allusione (fatta con tutte le molle a disposizione) a Tolkien era relativa al fatto che, taluni elementi o cenni in tutto il Signore Degli Anelli (lo sappiamo che era uscito tutto bello intero), sono stati sviluppati in altre opere o addirittura mai sviluppati (e non per la morte sopravvenuta dell'autore, ma per lasciare un alone di mitologia irrisolta nella propria opera). In realtà la questione sull'autoconclusività o meno del romanzo la ricondurrei al fatto che si tratti di una esordiente, probabilmente col desiderio di sommare eventuali altri capitoli, ma, sapendo come è aleatorio l'ambito editoriale, dando comunque un finale, pur aperto al libro. Tra l'altro, la sintesi, da te inquivocabilmente non apprezzata, è molto densa di fatti e azione, e soprattutto di spunti. Una lettura “giovane”, in cui si parla di dittatura (lo stesso Hunger Games è frutto della rivisitazione di una opera giapponese, e tutti i distopici sono debitori di 1984), e di una forza di reazione basata sulle arti (e qua, pensa un po', ci ho trovato delle riflessioni fatte ne “l'insostenibile leggerezza dell'essere” sui primi obiettivi che le dittature vanno a mirare per reprimere la gente, tra cui proprio le arti e il sesso) in quanto tali, la trovo di per sé temi stimolanti in contesti di evasione. Ma il punto che non ritengo che tu abbia torto, né tantomeno che tu debba delle spiegazione (e neanche che ne abbia bisogno chi ti legge), ma il fatto che, un blog, in quanto tale, è frutto di espressione di idee, e pertanto, anche di idee divergenti dai pur stimabili e preparati blogger. Anche i blog sono una pubblicazione, esattamente come i libri, e in quanto tali ricevono anche opinioni divergenti da chi ne traccia la “linea editoriale”.

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    1. Infatti non sto cercando di farti cambiare idea o altro, anzi, mi fa piacere che da una recensione possa nascere un dialogo tra due pensieri diversi.
      Le idee di base di questo romanzo erano ottime, tuttavia mi aspettavo che venissero sviluppate meglio. So benissimo che il primo libro di una serie lascia molti interrogativi al termine della lettura, è normale che vi siano delle spiegazioni non date, non ancora almeno, tuttavia se un'autrice parte con l'intento di far sì che quel libro possa essere anche considerato autoconclusivo, beh fossi in lei non lascerei così tante cose in ombra.
      Ad esempio l'ambientazione poteva essere uno dei punti di forza del libro, tuttavia si è visto ben poco dell'Italia Rinascimentale futuristica che l'autrice ha creato, quasi fosse un elemento citato e messo poi da parte.
      Posso capire che eventuali seguiti dipenderanno dalle vendite di questo primo libro, è la realtà dei fatti, però se mi viene detto che il libro è autoconclusivo non posso certo fare i salti di gioia dopo averlo terminato, perchè la prima cosa che mi viene in mente è che ci sono talmente tante cose che non sono state dette e spiegate che il libro risulta superficiale e privo dei dovuti approfondimenti.

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